Ossessioni contemporanee e antichi riti
“La vita deve avere un senso ma che può anche perderlo per tutti e per sempre” Ernesto De Martino, La fine del mondo
Un nemico invisibile, intangibile. Identificabile dai più solo con una parola, il suo significante: c-o-r-o-n-a-v-i-u-s. Sebbene homo sapiens abbia vissuto da sempre in condizioni di incertezza, ora gli pare di non scorgere più alcun riparo. Si sente tradito dalla promessa della modernità: la tecnica infine avrebbe vinto su malattie e dolori. Invece, maschere, sciarpe e braccia sulla bocca sono rimedi antichi ancora buoni per affrontare il pericoloso viandante che gli viene incontro. Non solo: Sapiens si protegge attivando rituali arcaici ma attualissimi.
La ripetizione rigorosa di uno stesso ciclo di atti (che la psicopatologia definisce compulsione ossessiva) può insorgere in particolari momenti critici (l’attesa di una risposta importante, l’esito di un esame, una pandemia ecc.) o quando si sente vacillare la presenza nella costruzione di senso del proprio mondo. Per dire meglio, quando si avverte il rischio di perdere il progetto di vita personale. Quelle che si definiscono piccole manie sono allora un antidoto al divenire, una sospensione della storia, che fa paura perché incerta e perché non si ripete. Il ritualismo del gesto compulsivo ha qui il suo senso: trovare riparo dall’incertezza, dall’insicurezza, dall’ambiguità nella esatta ripetizione di un determinato atto. Che il povero Sapiens esegue con scrupolo evitando qualsiasi novità durante l’ esecuzione. Novità che introdurrebbe ciò da cui sta fuggendo: il divenire. Perciò egli è spinto dalla mania di compiere esattamente lo stesso atto e di ripeterlo ossessivamente nel timore di non averlo eseguito a dovere.
Tuttavia, non si aspetta dall’esatto compimento del rituale un premio per il futuro (quando si verifica una tale coincidenza, come il suo progenitore Cro-magnon penserebbe a qualcosa di miracoloso). Il suo scopo è il controllo del qui e ora, sospendendo il rischio e l’angoscia dell’attesa.
Sergio D’Angelo Rita Monopoli