Non è che io ami il lavoro: preferisco starmene attorno in ozio e fantasticare di tante belle cose che si potrebbero fare. Non amo il lavoro, nessuno lo ama; ma mi piace quel che avviene nel lavoro, l’occasione discoprire se stessi. La nostra realtà vera, valida per noi, non per gli altri, quella che nessun altro giungerà mai a conoscere.
Joseph Conrad
Organizzazioni in transito e trasformazioni del lavoro
Le trasformazioni del lavoro più recenti hanno prodotto un notevole impatto sulla vita organizzativa influenzandone, non sempre positivamente, le relazioni, il senso di appartenenza, il livello di motivazione. Incertezza e ambiguità appaiono come le caratteristiche costitutive dell’esperienza lavorativa contemporanea. E il transito, non ancora compiuto, dal modello manageriale classico ai pluriformi modelli di gestione post-industriale, genera un intreccio di fattori quali procedure, standard, fisicità, da un lato e immaterialità, relazioni, conoscenza, dall’altro.
Si osserva una divaricazione, talvolta netta, tra dichiarazioni idilliache a sostegno del potenziamento e dello sviluppo delle persone e comportamenti gestionali intenti a ottenere risultati immediati attraverso forme obsolete di comando esecuzione e controllo. Un paradosso organizzativo che rischia di compromettere la qualità del lavoro, con esiti disastrosi per i processi produttivi. Balza così in alto rilievo il comportamento dissonante di quelle organizzazioni che, pur annunciandolo a gran voce, non si dispongono all’apprendimento organizzativo.
Nonostante l’evidente difficoltà a coniugare elevate esigenze di performatività con attese di crescita e valorizzazione dei dipendenti, la variabile strategica per le organizzazioni è quella di disporre di un adeguato livello di competenze che promuovano comportamenti organizzativi efficaci. Lo sviluppo delle competenze (capacità applicative, conoscenze specifiche, orientamenti attitudinali) può generare quella differenza nella qualità della produzione e del servizio che, se colta, è premiata dal pubblico.
La sfida dell’oggi per le Amministrazioni pubbliche è una nuova cultura del servizio che ha come posta in palio il sapere al lavoro. Un passaggio dalle procedure compilative e routinarie ai servizi differenziati per pregio e complessità, che chiama in causa la cultura organizzativa, l’organizzazione del lavoro e il livello tecnologico.
Il fattore critico è allora l’individuazione prima e la crescita poi di alcune capabilities:
- Sviluppo delle doti cognitive e di creatività
- Gestione di un certo margine di imprevedibilità
- Capacità di cominciare qualcosa di nuovo
- Abilità nel destreggiarsi tra possibilità alternative
- Aumento delle capacità relazionali
- Esposizione agli occhi degli altri (spazio a «struttura pubblica»)
- Le relazioni interpersonali Cooperazione e gruppi di lavoro
- Sviluppo delle pratiche di lavoro in team
- Sostegno reciproco: fiducia e controllo dell’opportunismo
- Maggiore autonomia e responsabilità
Ne consegue una riscrittura sostanziale dei ruoli organizzativi. E ancor più dell’intreccio tra conoscenza e attività lavorativa, il mutamento in atto sposta il lavoro sul piano del linguaggio. Le azioni lavorative mostrano una spiccata indole linguistico-comunicativa e la cooperazione assume il carattere di forza produttiva. Il lavoro linguistico richiede doti e attitudini su cui vengono definiti i nuovi profili. È allora possibile osservare che le organizzazioni a più elevata innovazione tecnologica e ideativa strutturano i modelli di gestione delle risorse umane come sistemi di competenze fondati sugli aspetti relazionali, sulla centralità del soggetto e sulle sue abilità. Non tanto ciò che il soggetto fa (la prestazione), quanto ciò che egli sa fare e il modo in cui agisce in situazioni complesse.
Le competenze sono un fenomeno articolato, un costrutto in cui convergono:
- Conoscenze esplicite (dichiarative, saperi specifici)
- Abilità (capacità applicative, conoscenze procedurali)
- Linguaggi (conoscenze simboliche e immaginative)
- Orientamenti attitudinali (caratteristiche e disposizioni individuali)
- Skill fisici (capacità del corpo ad agire in un certo modo)
Per attivare comportamenti competenti è necessario tuttavia mettere in gioco motivazione (energia orientata dal senso del lavoro svolto), impegno e socialità. A scanso di equivoci è preferibile chiarire che le competenze non sono “oggetti”, “cose” che il soggetto organizzativo porta con sé, ma sono il suo modo di agire o, forse meglio, il suo modo di essere.
La valutazione delle capacità
L’Assessment è un processo di valutazione delle capacità finalizzato a ridurre gli errori, spesso frequenti nei giudizi valutativi, attraverso la presenza di più valutatori (assessor) che utilizzano la tecnica dell’osservazione. A differenza delle altre procedure di valutazione, l’assessment è una metodologia che si fonda sul confronto delle osservazioni. Le sue origini risalgono al 1933, quando in Germania nacquero, in ambito militare, le prime applicazioni (Wehr Psychologie). Nel ’41 fu utilizzato nel Regno Unito dal British war Office Selection Board per la selezione degli ufficiali. Poi dal ’43 negli Stati Uniti dall’Office of Strategic Service per selezionare militari con ruoli particolari, ufficiali ed agenti segreti. Dal dopoguerra l’uso delle tecniche di assessment si è diffuso in maniera sempre più pervasiva nelle imprese, prima americane e poi europee, attraverso:
- L’AT&T Management Progress Study, 1956;
- L’Equal Employment Opportunity Committee, 1978;
- L’Introduzione degli Standard, 1978.
Appare di un certo interesse la definizione assunta dal Convegno Internazionale sui metodi dell’Assessment Center del 1997: “Un metodo per predire il comportamento futuro, basandosi sull’integrazione di diversi sistemi di valutazione utilizzati da valutatori (assessor) opportunamente formati e qualificati”.
Dunque, l’assessment può essere definito come una procedura formale per verificare il possesso di capacità distintive necessarie per ricoprire specifici ruoli. Sono impiegate simulazioni di contesti organizzativi che consentono ai valutatori l’osservazione dei comportamenti dei partecipanti. Il confronto tra gli assessor permette di predire, con un elevato grado di affidabilità, l’uso delle capacità osservate in situazioni reali.
Gli ambiti applicativi più comuni sono:
- La selezione del personale che consente una classificazione dei candidati sulla base delle capacità distintive ritenute fondamentali per il ruolo da ricoprire.
- L’orientamento al ruolo, generalmente previsto tra il primo e il terzo anno dall’inserimento del soggetto nell’organizzazione, che permette di realizzare il migliore incontro possibile tra le sue caratteristiche e le esigenze organizzative.
- La valutazione del potenziale che rileva capacità, attualmente non utilizzate dal soggetto, ma che possono risultare discriminanti per ricoprire ruoli diversi e di maggiore responsabilità.
- La formazione e lo sviluppo che hanno la finalità di potenziare le abilità dei soggetti affinché esprimano in modo efficace i comportamenti previsti dal ruolo.
I numerosi richiami al ruolo sono dovuti alla sua rilevanza nelle attuali architetture organizzative. Il ruolo è il centro geometrico delle organizzazioni e presenta una duplicità di aspetti:
- Organizzativo poiché rimanda alla posizione gerarchica e funzionale.
- Relazionale per le interazioni e il confronto con altri ruoli.
È allora possibile affermare che l’organizzazione è incorporata nell’esperienza individuale per mezzo dei ruoli: ricoprendo un ruolo il soggetto partecipa al mondo organizzativo. Per esemplificare una configurazione degli elementi costitutivi di un ruolo, si riporta lo schema che segue.
- Competenze
- Conoscenze (Know that)
- Capacità abilità (know how)
- Skill fisiche
- Relazioni
- Interazioni con altri ruoli sia interni che esterni all’organizzazione
- Impegno
- Entusiasmo
- Energia
- Interesse
- Risultati
- Responsabilità
- Attitudine a disambiguare
- Processi inediti
- Decisioni
- Obiettivi
Per progettare un assessment occorre selezionare le capacità da osservare e predisporre uno scenario che simuli un contesto organizzativo reale, richiamando contenuti di tipo aziendale. Le attività richieste a ogni singolo partecipante devono avere lo stesso peso. Per esempio, non deve esserci un’assegnazione formale di leadership ad alcuno dei partecipanti. È altresì necessario disinnescare l’influenza delle conoscenze tecnico-professionali dei partecipanti, al fine di evitare che l’interazione di gruppo finisca per trasformarsi in un caotico ring. Infine, l’obiettivo del role play deve essere chiaro e raggiungibile.
Le simulazioni di gruppo a ruoli assegnati presentano sia contenuti comuni a tutti i partecipanti, sia una serie di informazioni differenziate in relazione al ruolo specifico che ciascuno di essi ricopre. Richiedono il raggiungimento di un obiettivo individuale da conseguire però attraverso un meta-obiettivo comune, concordato tra i partecipanti. Il role-play a ruoli assegnati è utilizzato, in particolare, per indagare abilità di tipo manageriale. I contesti simulati presentano situazioni caratterizzate da accesa conflittualità che, per essere risolte, richiedono spiccate doti negoziali e di leadership. Le simulazioni di gruppo a ruoli liberi sono strutturate per il raggiungimento di un obiettivo comune. Il contenuto dell’esercitazione è identico per tutti i partecipanti. Sono utilizzate per indagare abilità relazionali quali, per esempio, comprensione, coinvolgimento, ascolto attivo, etc. Le simulazioni individuali dell’In-Basket presentano, generalmente, una situazione di emergenza (impossibilità di accedere a strumenti di comunicazione, ad archivi, a dati ecc.) in cui il partecipante opera da solo, né può interagire con altri.
Il “cestino” (in-basket) contiene da 15 a 20 missive, ciascuna con problemi da risolvere o da rinviare, decisioni da assumere, deleghe da conferire, tempo da gestire. L’obiettivo è indicare una scala di priorità delle questioni proposte, correlando tra loro le diverse problematiche e indicando i tempi di risoluzione. Sono utilizzate per indagare le capacità di organizzazione, di risoluzione dei problemi, di delega, di gestione del tempo. In condizioni ideali, negli assessment di gruppo, il rapporto assessor/candidati deve essere di uno a due, cioè quattro assessor per otto candidati (numero medio dei partecipanti a un assessment).
Prima che inizi la prova, è necessario decidere “chi osserva chi”, ossia occorre individuare quale osservatore rivolgerà la sua attenzione a un determinato sottogruppo di partecipanti, composto da 2 elementi (e comunque mai più di 4). È possibile, inoltre, a metà circa dell’esercitazione, operare uno scambio dei gruppi. Si procede quindi col somministrare l’esercitazione ai partecipanti, illustrandone:
- Il contenuto
- Gli obiettivi da raggiungere
- Il tempo a disposizione.
È questa la fase in cui il coordinatore degli assessor può rispondere a eventuali richieste di chiarimento dei partecipanti. Occorre precisare che, appena cominciata l’esercitazione, i partecipanti non potranno in alcun modo interloquire con gli osservatori. Si registra l’orario di inizio e a tempo scaduto si raccoglie il materiale prodotto. Durante l’osservazione della simulazione, gli osservatori prenderanno nota di ciò che si verifica e di quanto viene detto. L’osservazione è rivolta a due aspetti distinti e fondamentali dell’interazione:
- Il comportamento verbale
- Il comportamento non verbale (gesti, postura, cinestesia, espressioni facciali, tono della voce ecc.).
L’osservatore annoterà, per ciascun partecipante, il contenuto di ogni intervento, trascrivendo per quanto possibile le parole testuali. Ciò favorirà il successivo confronto con gli altri osservatori, evitando di giungere a valutazioni affrettate. Prenderà nota inoltre dei particolari rilevanti inerenti alla comunicazione non verbale.
Gli assessor, abitualmente, si servono di una griglia di valutazione. Una delle più note è quella elaborata da Robert Freed Bales. Lo schema di Bales presenta dodici aree di osservazione/descrizione, in cui il partecipante:
- sostiene, aiuta, incoraggia, mostra stima;
- tende a ridurre le tensioni, scherza, sorride, si mostra soddisfatto;
- Si mostra d’accordo, accetta, comprende;
- offre suggerimenti, dà idee e alternative d’azione;
- espone opinioni, esprime valutazioni;
- dà informazioni, ripete, chiarifica, conferma;
- chiede informazioni, chiarimenti, spiegazioni;
- chiede opinioni, valutazioni, impressioni;
- chiede suggerimenti, idee, direttive;
- si mostra in disaccordo, rifiuta;
- manifesta tensione e accresce la tensione;
- mostra antagonismo, tende ad affermare se stesso, si difende.
Lo schema presenta questa chiave di lettura:
- gli interventi da 1 a 6 sono da considerarsi positivi;
- gli interventi da 7 a 12 sono da considerarsi negativi;
- gli interventi 1, 2, 3, 10 e 11 riguardano le relazioni socioaffettive all’interno del gruppo;
- gli interventi 4, 5, 6, 7, 8 e 9 riguardano il lavoro di gruppo.
Con queste aree problematiche:
- gli interventi 5 e 8 riguardano problemi di valutazione del lavoro di gruppo;
- gli interventi 4 e 9 riguardano problemi di controllo e di organizzazione del lavoro digruppo;
- gli interventi 3 e 10 riguardano problemi di decisione comune;
- gli interventi 2 e 11 riguardano problemi di tensione e di reazione;
- gli interventi 1 e 12 riguardano problemi di integrazione nel gruppo.
La griglia di valutazione permette di fare un’osservazione accurata, aiutando gli assessor a focalizzare l’attenzione sui comportamenti e non sulle inferenze che spesso si tendono a dichiarare a seguito all’osservazione di quei comportamenti.
Il punteggio di ciascun candidato viene determinato con uno dei seguenti metodi:
- criterio analitico: vengono attribuiti punteggi alle singole capacità da misurare, che poi determinano il punteggio complessivo del candidato.
- Criterio sintetico: si determina direttamente il punteggio sintetico, senza una preliminare valutazione analitica.
La fase finale della valutazione consiste nell’assegnare ad ogni candidato un punteggio per ogni capacità oggetto di valutazione. Tale fase è preceduta dalla condivisione delle osservazioni da parte di tutti gli assessor al fine di evitare errori di sovrastima/sottostima, per giungere a standardizzare il più possibile le valutazioni. Nelle organizzazioni attuali, l’assessment di gruppo è, di gran lunga, la tecnica di valutazione più diffusa: i gruppi di lavoro, le comunità di pratica, sono la forma organizzativa più efficace quando occorre affrontare e confrontarsi con compiti complessi e difficili. La cooperazione è indispensabile quando la complessità del compito eccede la capacità di un singolo soggetto, quando il contesto è poco chiaro, ambiguo e stressante, quando sono necessarie decisioni multiple e veloci. Stare in gruppo costituisce uno degli elementi della nostra competenza sociale. Nonostante però la predisposizione al rapporto con i nostri simili, la capacità di lavorare, discutere e decidere insieme agli altri si apprende lentamente, per esperienza diretta e con una certa fatica. La particolare alchimia che si forma nel modo di lavorare e di stare insieme costituisce la competenza distintiva organizzativa che non è facilmente replicabile né sostituibile.
Autovalutazione e empowerment
Rispetto all’Assessment center, il self-assessment (o anche Development center) aggiunge una maggiore consapevolezza e il coinvolgimento attivo dei partecipanti. Permette un’autodiagnosi delle capacità agite e la condivisione con gli assessor di un piano di miglioramento. Il self-assessment favorisce l’autosviluppo attraverso la partecipazione attiva e riflessiva al processo di diagnosi dei comportamenti solitamente attivati. Nel corso delle proprie esperienze professionali, chi scrive ha elaborato una prassi auto valutativa (Laboratorio Esperienziale di Auto sviluppo®) che permette ai partecipanti, sin dalla fase di avvio del processo, di potenziare quelle capacità che emergono nelle aree di miglioramento. Ne diamo una sintetica descrizione.
Il LEA® è un intervento di natura esperienziale che ha l’obiettivo di orientare il partecipante nello sviluppo e nel potenziamento delle proprie capacità. Permette di riconoscere il proprio stile di apprendimento e i fattori che stimolano a migliorare e sostenere con efficacia le azioni di rafforzamento delle abilità.
Sviluppa maggiore consapevolezza dei propri comportamenti, rintracciando le capacità agite, riconoscendo i punti di forza e le aree di miglioramento. Permette di definire i propri obiettivi professionali e consente di costruire un piano d’azione per programmarne il raggiungimento. I suoi tratti distintivi sono:
- un primo livello che favorisce la crescita personale in modo pratico e mirato. Si definisce, con il conduttore, un programma di allenamento personalizzato volto a conseguire miglioramenti per sé.
- Un secondo livello che facilita l’interazione con gli altri partecipanti per potenziare, nelle relazioni interpersonali, le capacità critiche.
- Un terzo livello che consiste nella elaborazione, condivisa con il conduttore, di un piano di sviluppo che accompagnerà il partecipante per il tempo necessario a conseguire i risultati attesi.
Il Laboratorio si articola attraverso la somministrazione di un assessment a ruoli assegnati per una durata complessiva di 180 minuti. Sono osservate le seguenti capacità:
- Area del pensiero
- Problem solving
- Flessibilità
- Uso dei concetti
- Area della relazione
- Comunicazione e ascolto
- Leadership
- Empatia
- Gestione del gruppo
- Sviluppo degli altri
- Area della realizzazione
- Iniziativa
- Area dell’efficacia personale
- Tolleranza dello stress
- Consapevolezza di sé
- Fiducia in se stesso
Segue la somministrazione di nove questionari:
- Valutazione degli stili di apprendimento (primo), fonte: Kolb2.
- Valutazione degli stili di apprendimento (secondo), fonte: Kolb3.
- Ancore di carriera, fonte Shein4.
- Gli stili di influenza, fonte Berlew5.
- La valutazione percepita di eventi stressanti, fonte Mariano e Sergio D’Angelo
- Autovalutazione delle competenze, fonte Boyatzis
- Principali fattori di motivazione al lavoro, fonte Dolmen
- Stili individuali di problem solving, fonte Kolb
- Cause di disagio nei rapporti interpersonali fonte: Richardson e Tasto
Dopo la elaborazione delle osservazioni provenienti dall’assessment e delle risposte ai questionari, il conduttore incontra il partecipante per un colloquio/intervista individuale:
- Riflessione sugli stili di apprendimento
- La logica dell’autosviluppo e gli stili cognitivi preferiti
- La motivazione e la sua influenza sullo sviluppo delle capacità
- Le aree di miglioramento: come interpretarle (aspetti razionali ed emotivi), come scegliere quelle prioritarie da inserire nel piano d’azione
- Come migliorare le capacità (modalità da utilizzare, fasi, tempi, ostacoli)
- Presentazione del piano d’azione con le indicazioni per la sua compilazione e il suo utilizzo.
Si procede quindi all’auto-diagnosi finale, condividendo con il conduttore le aree da potenziare e procedendo alla compilazione assistita del piano d’azione.
Conclusioni
Un processo di valutazione che non sia destinato a potenziare i soggetti dell’organizzazione, che insista nell’attribuire esclusivamente punteggi e costruire graduatorie, è destinato inevitabilmente ad alimentare frustrazione e disinteresse. La distanza dal ruolo organizzativo è la misura che, chi guida le organizzazioni, dovrebbe monitorare costantemente. Più essa è significativa, tanto più occorre realizzare processi di sviluppo delle capacità. Il metodo dell’assessment, e ancor più quello del self-assessment, è uno strumento che permette di valutare per riconoscere valore.
Se questo è il senso del processo valutativo, ne beneficeranno la motivazione, l’appartenenza, il clima e le relazioni.
Di più: una valutazione “riconoscente” costituirà una parte non trascurabile dell’apprendimento organizzativo. Il sapere al lavoro è ancora troppo spesso un’espressione buona per i convegni. Affinché diventi una pratica quotidiana occorre non solo soddisfare il compito primario delle organizzazioni ma, contemporaneamente, è necessario restituire ai soggetti, alle persone che nelle organizzazioni vivono e lavorano, un’identificazione nell’opera realizzata e riconosciuta.
Bibliografia
- Robert F. Bales, Social Interaction System: Theory and Measurement, Taylor & FrancisLtd, 2017
- Federico Butera e altri, I lavoratori della conoscenza, Franco Angeli, 1997
- C. Cocco, A. Gallo, Fare Assessment, Franco Angeli, 2003
- Geoff Colvin, Humans Are Underrated, Breley Publishing, 2015
- Sergio D’Angelo, Il futuro occupazionale dei giovani istruiti, Persone e conoscenze n.105, 2015
- Sergio D’Angelo, La doppia gabbia della retorica manageriale e della crisi economica, Bloom Frammenti di organizzazione, 2015
- Sergio D’Angelo, Apprendimento organizzativo e innovazione, Fondazione Maierotti-Cgil, 2019
- Del Pianto, Assessment Center, Franco Angeli, 1999
- Ugo Morelli, Incertezza e organizzazione, Raffaello Cortina, 2009
- Serafino Negrelli, Le trasformazioni del lavoro, Laterza, 2013